Sono nato a Milano nel 1933. Ho frequentato la Scuola serale del Castello, poi negli anni cinquanta, con gli amici Dimitri Plescan, Enzo Mari e Bepi Romagnoni abbiamo deciso di iscriverci all’ Accademia di Brera. Ho frequentato un paio d’anni il corso di Aldo Carpi, poi mi sono iscritto a Scenografia, e quindi, al corso di Decorazione con Usellini.
Durante gli anni ho appreso i procedimenti e le tecniche anche lavorando con pittori abili nella pittura parietale, per allestimenti di Fiere, come Alfieri e Fedeli, realizzando opere da bozzetti di grafici come Carboni, Grignani, Max Hubert. Ricordo che aiutai, su e giù dal ponteggio, anche il pittore Del Bon per l’esecuzione di una sua opera all’ingresso della Triennale del ’51. Poi, per un certo periodo, collaborai anche con Enzo Mari. Quindi, feci molti lavori nel campo dell’immagine, dall’illustrazione alla grafica in genere. Il clima artistico vissuto nel periodo della Scuola di Aldo Carpi era caratterizzato da un acceso dibattito tra astrattismo e realismo, tra il desiderio di sperimentare ogni via possibile e la volontà di testimoniare, anche in pittura, un impegno critico nei confronti degli amari aspetti della realtà. Si lavorava, oltre che con la modella, anche su temi di nature morte, figure e periferie desolate. Anche l’atmosfera culturale dell’aula avvolgeva il tutto in una luce pittoricamente tonale e assorta. Da qui gli interni-esterni dai toni quasi monocromi. Una pittura che si esprimeva con una materia cruda ed aspra dai toni grigi e che sarebbe poi stata chiamata “realismo esistenziale”.
Durante il periodo con Usellini fui invitato a seguire il corso di Affresco da lui tenuto ad Arcumeggia, quando si pensò di rivalutare questa antica tecnica. Fui poi chiamato ad assistere il Carpi nell’esecuzione del suo affresco e, in seguito, mi fu affidata la realizzazione di una mia opera in tale tecnica che realizzai con molta cura. Dopo l’insegnamento al Liceo Artistico fui chiamato ad insegnare nella nascente Accademia di Belle Arti (NABA) e nella storica Accademia Carrara di Bergamo, quando si pensava a un suo rinnovamento.
Del clima di quel periodo ricordo che tra il realismo, più o meno esistenziale, l’astrattismo, più omeno informale e l’arte, più o meno programmata, tutti cercavano una loro via.
Per non parlare di chi cercava principalmente gesti più o meno dissacranti e provocatori, come il mio coetaneo Piero Manzoni col suo estremo sberleffo verso i sistemi dell’arte. Verso la fine degli anni sessanta, per un mio interesse verso gli aspetti tecnici e lessicali della pittura, ho cominciato ad approfondire una indagine sul rapporto segno colore nella variabilità percettiva della luce, abbandonando la rappresentazione di forme e immagini definite. A proposito del colore ricordo che frequentando l’Accademia di Brera, negli anni cinquanta, scelsi come tesi, con la allora docente di storia dell’arte Eva Tea, l’argomento “La denominazione dei colori nell’arte”. Del colore ho avuto modo di approfondirne gli svariati aspetti; da quelli che riguardano la sua percezione a quelli che riguardano i materiali, la loro storia e il loro uso.
Umberto Faini, Milano, aprile 2022